Tuesday, October 9, 2012

ISTANBUL


ISTANBUL - LIVE @ BRONX, 6 Ottobre 2012



Istanbul. Non appena ci metti piede gli stimoli che investono tutti i tuoi sensi sono così tanti che già ti sei dimenticato di tutto il resto, e dopo pochi passi ti sembra di aver sentito “bentornato!” in almeno dieci lingue diverse. Il Bronx club è praticamente impossibile da trovare: di giorno la via è sbarrata da una serie di bancarelle e negozi che si accatastano fino al suo ingresso, di notte mai ti verrebbe in mente di trovare un locale del genere in una viuzza così defilata, l'unica possibilità è che ti ci ritrovi per caso inseguendo una scimmietta che ti ha rubato il berretto... come in un film di Indiana Jones. La cena prima del concerto invece ha luogo in un locale che da fuori non sembra niente di che ma dopo poche scale rivela una terrazza incredibile con tanto di vista sul Bosforo e gru in manovra sopra le nostre teste: in questa città c'è vita a tutte le ore del giorno e non mi riferisco solo alle strade che pullulano di gente e al divertimento nei locali, ma anche appunto ai cantieri aperti fino all'alba. Sembra un gioco di parole ma “Paradise” qui ha fatto miracoli: c'è un sacco di pubblico che ci conosce e canta alcuni dei nostri testi...è un piacere e una soddisfazione immensa fermarsi a parlare dopo il concerto, firmare dischi, posare nelle foto e brindare con tutti prima di rituffarsi nelle strade che nel frattempo si sono ancor più popolate. Così, mentre vaghi indeciso su dove acchiapparti l'immancabile e meritato kebab notturno, ti imbatti in ogni tipo di umanità: dai tamarri che sfrecciano in suv con la musica a tutto volume, ai freak che fanno busking indisturbati, agli ubriachi che si prendono a pugni e poi si abbracciano, ai piccoli venditori ambulanti che combattono con il sonno, ai turisti...tutti ci tengono compagnia fino all'alba che arriva di lì a poco, quando abbiamo giusto il tempo di raccogliere le nostre cose in albergo e svenire sui taxi in direzione aereoporto.
Milano-Istanbul, Istanbul-Milano: tutto in ventiquattrore.

Cristiano Novello

Wednesday, May 2, 2012

VERO O FALSO?


VERO O FALSO?

I Figli di Madre Ignota sono un gruppo di musica tradizionale del Rinascimento specializzato nello "stile bello personalissimo et unico" sviluppatosi nella zona a ridosso della Martesana milanese, uno dei tanti canali eredità della castramentatio romana ( ed originariamente facenti parte del naturale sviluppo dell'Oppidum fondato nel VI sec. dai Celti) che nel 1460, grazie all'opera voluta da Francesco Sforza prese il nome di Naviglio.

A valle del processo farsa contro Gian Giacomo Mora, ritenuto a torto uno dei responsabili del contagio pestilenziale del 1629-1630, e quindi torturato e condannato a morte fra tormenti inenarrabili, l'indignazione popolare diede forma ad un repertorio nuovo e particolare. Si tratta probabilmente della prima forma di "canzone di protesta" fino ad allora conosciuta, un insieme di componimenti che alimentò un vero e proprio
corpus di testi contro il potere costituito, contro la miopia dei giudizi sommari e contro la tortura; testi che sono stati raccolti e tramandati dalla famiglia Lange, ovvero dai discendenti diretti di quei germanici, noti come gli Eruli di Odoacre, che si insediarono a Milano nel 400 circa, durante la decadenza dell'impero.

E' forse a causa di questo illustre ascendente che i Figli di Madre Ignota si esibiscono spesso in Germania? La Storia si sa, è fatta di corsi e ricorsi: tant'è che Ugo Lange, leader e depositario dei preziosi testi, accompagnato da eccellenti politrumentisti rispettosi di una filologica riproposizione di quella "Ars Antiqua", rievoca un mondo ormai scomparso con canzoni come "Otto onze d'oglio di oliva", "Puto che mi è il più sozo (brutto)", "Turbatore et inimico", "Carta piegata al longo in mano", "Un flegnione  nel brazzo sinistro": testi che ricordano il processo a Gian Giacomo, i soprusi e le ingiustizie subìte, fino al prevedibile epilogo con la condanna a morte e l'esecuzione della sentenza.

La musica, scrupolosamente eseguita secondo i dettami e gli stilemi riportati nei documenti in possesso della famiglia Lange, è frenetica e incalzante: anche lo spunto ritmico pare alludere al tracollo drammatico degli eventi. Assai interessante è l'impianto melodico-armonico quasi orientale e dissonante: vi si trovano progressioni che poco hanno a che vedere con i canoni dell'epoca, ma che anzi, con largo anticipo sui tempi, sembrano presagire alcune soluzioni armoniche di cromatismo atonale. L'uso di scale con toni interi, ripreso in seguito anche da Debussy, contribuisce a creare un'atmosfera di sospensione e mistero, il continuo rimando della risoluzione armonica immerge l'ascoltatore nell'angoscia e nella crudeltà del frangente, rendendo tutto l'insieme ancora più singolare.

Tutti i musicisti si esibiscono rigorosamente in abiti d'epoca: le vistose parrucche cotonate, alla maniera dei primi cantori dell'epoca di Gian Giacomo Mora, ancor oggi costituiscono un richiamo al mestiere del martire innocente: era infatti un barbiere.

I Figli di Madre Ignota sono:
Ugo Lange - voce, kazoo, mandolino
Amedeo Guastaccia - zampogna, cervellato, tamburo a cornice
Berengario Cantalamessa - sistro, raganella romagnola, coccodè del galletto
Annibale Madenò - cimbasso, chiarina
Goffredo Ciaquera - ciaramella, bombarda, launeddas, caccavella
Piergennaro Sanfilippo - ghironda, salterio, arciliuto
Leandro Bo - diamonica, cromorno
Sigismondo Piccinini - tromba marina, sarrusofono, tiorba